Alfonso Signorini parla del suo ultimo ricovero: “Ho toccato con mano l’amore”
 



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Il noto conduttore Alfonso Signorini parla del suo ultimo ricovero nel suo editoriale su Chi

In questi giorni, sul suo settimanale Chi, Alfonso Signorini ha parlato nel suo editoriale del suo ultimo ricovero per Leucemia. Alfonso sta fortunatamente bene ma nel suo articolo ha voluto parlare dell’amore e di quanti medici straordinari ci siano in Italia.

Ecco le sue parole: “Di recente mi sono ricoverato un paio di giorni per una serie di esami al San Raffaele, eccellenza ospedaliera alle porte di Milano. Ne sono uscito più ricco. Ho conosciuto medici straordinari, che svolgono il loro lavoro con entusiasmo e dedizione assoluta, che arrivano alle 9 di sera dopo una lunga giornata tra corsie e sale operatorie e che trovano ancora il tempo per venire in camera tua, nonostante la stanchezza stampata sul volto, a chiederti come stai. Esistono infermieri e infermiere che sanno ancora abbracciare, che conoscono ancora il valore di una parola buona, e anche il gusto di una sana risata per sdrammatizzare l’attesa del responso di un esame”.
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Alfonso continua: “Mentre mi trovavo dietro un paravento in attesa dell’anestesia (è il momento più brutto, in cui ti senti veramente solo), è venuta una dottoressa che non conoscevo, semplicemente per dirmi grazie per farle ogni settimana compagnia con i miei editoriali. E le sue parole, così affettuose, così sentite, in quel momento per me sono state una carezza d’amore. Uscendo dall’ospedale, ho respirato a pieni polmoni, non solo per il sole che mi scaldava la pelle e l’aria che sapeva d’estate, ma perché avevo davvero toccato con mano l’amore”.
Il noto direttore di Chi conclude parlando ancora dell’amore: “Sì, perché l’amore esiste ed è davvero la cosa più bella che ci sia. Anche e soprattutto quello che si manifesta tra persone che non si conoscono e che ci fa sentire connessi, empatici con la vita e il cuore degli altri. Non è retorica, credetemi, è qualcosa di bello, a cui non siamo più abituati. E se la sofferenza serve a qualcosa, certamente serve anche a prendere coscienza di questo”.